Ondeko Monogatari
Due settimane a Kasuga, isola di Sado


Scritto da Chiara Codetta Raiteri -
L’autrice ha prodotto due video sul fenomeno dell’Ondeko a Sado per il canale Youtube del Consolato Generale del Giappone a Milano, sull’Onidaiko in generale: https://www.youtube.com/watch?v=zs9RwFwMzPs&t=54s e sul matsuri di Kasuga: https://www.youtube.com/watch?v=77qYxtthKW0

Una stradina tra le risaie, tra piccoli capannoni e casette degli attrezzi, ci conduce ad una rimessa ai margini del paese. La luce del tramonto è fioca e inizia a calare la temperatura. Un po’ intimiditi ed emozionati entriamo. Da un lato attrezzi agricoli, scatole, cianfrusaglie sono ammonticchiate in buon ordine per liberare lo spazio, il resto della rimessa è libero e sulla parete di fondo troneggia il tamburo montato su una torretta. Sul lato le maschere sono appese alla parete a testa in giù, la lunga chioma distesa. Una ragazzina le pettina, un uomo sui trent’anni ripara i legacci intrecciando filamenti di canapa, un signore più anziano accompagna un ragazzino e si ferma a chiacchierare con tutti, un uomo in età da pensione con lo sguardo molto dolce spiega i ritmi, senza suonarli ma usando la voce, ad una signora in abiti eleganti e scarpe col tacco basso. Alla spicciolata arrivano una decina di bambini e bambine tra i 4 e i 14 anni. Alcuni abbozzano passi di danza aiutandosi a vicenda, altri scherzano e giocano sul prato fuori dalla rimessa. Yuna, una ragazzina di 13 anni, aiuta una bimba più piccola a migliorare la posizione delle mani, appena fuori dalla rimessa. Un uomo muscoloso, ancora in abiti da lavoro arriva e richiama tutti i presenti. Tutti si radunano in cerchio di fronte al tamburo. Da una parte si raccoglie chi deve esercitarsi: sono soprattutto bambini, ma tra loro spicca un alto ragazzo dallo sguardo timido sui vent’anni, pratica da solo due anni e a questo matsuri potrebbe essere autorizzato a danzare con la maschera. Dall’altra parte si allineano il kashira1, Ancho, il signore con più esperienza sul tamburo che prima mostrava i ritmi e tuttti gli altri adulti. Cala un silenzio sospeso di pochi secondi, “yoroshiku onegaishimasu”: inizia la pratica2.



Kasuga è un quartiere di Ryotsu, porto principale dell’isola di Sado, a largo di Niigata nel Mar del Giappone. Qui ogni anno il 14 aprile si tiene il matsuri3 locale ed è incentrato sull’Onidaiko, 鬼太鼓, conosciuto anche meno formalmente come Ondeko. La parola è un composto di Oni e taiko: taiko 太鼓 è un grande tamburo a forma di botte, l’Oni, 鬼 è una figura del folklore giapponese ancora oggi molto diffusa in ambito letterario, teatrale, performativo, ma anche nella cultura popolare degli anime e dei manga. Oni è spesso tradotto “demone”, tuttavia il termine non è preciso: l’Oni non è di per sé cattivo o demoniaco ma una creatura soprannaturale, potente, legata alla natura. In particolare, a Sado, l’Oni è un tramite attraverso cui le sventure e il male vengono dissipate e viene celebrato perchè porta benessere e ricchezza ad ogni nucleo famigliare.

A Kasuga, prima del matsuri, per circa sei settimane, ogni sera tranne la domenica, la comunità locale riunita nel Kasuga-Oni-Gumi, 春日鬼組letteralmente associazione degli Oni di Kasuga, si riunisce per provare e imparare i ritmi del tamburo e la danza, insegnare ai nuovi membri e prepararsi al matsuri. Dalle 19 alle 20 è l’ora dei bambini, gli adulti si esercitano dalle 20 alle 21.

I bambini lavorano con una concentrazione che mi colpisce, seguono il kashira imitandone i movimenti al ritmo del tamburo. Al principio si prova in gruppo senza maschera. “Den dengu Den Den” si canta ripetendo il passo base dell’Oni. Intanto alcune delle madri, che hanno accompagnato i loro figli, si fermano e imparano i ritmi del tamburo. Poi ad uno ad uno sfilano e provano la danza da soli, anche quelle più lunghe e complicate. Alcuni indossano la pesante maschera di legno adornata di una parrucca di crini di cavallo: sono già pronti per danzare nel giorno di festa. Al termine, l’adulto che guida la danza fa piccole correzioni, poi fa provare la danza rivolti dall’altro lato, non si sa se l’Oni dovrà entrare a portare buona sorte in una casa sulla destra o sulla sinistra. Cura piccoli dettagli, lo sguardo, la posizione del corpo, l’intenzione della danza, i piccoli movimenti frementi delle dita. “L’oni è potente, la sua energia non si ferma mai” ci spiega il kaichō4, Hirofumi Saito. Di tanto in tanto interviene un anziano, memoria storica del gruppo. Intanto arrivano gli adulti, molti sono ancora vestiti da lavoro. E’ finita l’ora riservata ai bambini, ci si saluta in cerchio con alcune raccomandazioni da parte del kashira, si distribuiscono bibite ai bambini che si allontanano. E’ il momento degli adulti. Mayumi, una delle mamme, passa dal tamburo alla danza, i suoi due gemelli vanno a casa a piedi. Mayumi ha fatto il periodo di apprendistato nei Kodo5 e i suoi gesti sono elegantissimi. I danzatori provano uno alla volta, i più esperti provano diverse danze: la osu, 雄 maschile, la mesu, 雌 femminile e la danza ito 糸.

Quasi ogni danzatore ha iniziato da bambino, la danza è stata incorporata lentamente, anno dopo anno, insieme al loro diventare grandi, emerge chiaramente in ognuno di loro una caratterizzazione dell’Oni: la potenza controllata e maestosa di Masa, la danza nervosa e scattante del kashira, il furore che traspare dai piedi che scalpitano di Shota, l’eleganza di Mayumi. Yuna riprende le danze per poi studiarle a casa, è lei che mi fa notare i piccoli dettagli con cui ogni danzatore rende la danza propria. Intanto il tamburo è saldamente suonato dai più esperti, circondati dagli occhi sgranati di chi sta imparando. “Il tamburo deve seguire il danzatore, essere nei suoi passi, il tamburo e la danza sono una cosa sola. Per questo, anche se non danza, il suonatore deve conoscere la danza” dice Ancho.

L’Ondeko è arrivato a Kasuga in tempi recenti: l’attuale kaichō racconta che nel 1931 alcuni giovani uomini fondarono l’Oni-gumi per ravvivare il matsuri locale. Invitarono alcuni maestri della vicina cittadina di Ebisu ed iniziarono a praticare e sviluppare la danza.

L’Onidaiko, come altre pratiche legate allo shintoismo, è in origine riservato agli uomini appartenenti alla comunità. Come spiega molto bene Rossella Marangoni nel suo libro “Onibaba”, le donne sono legate al concetto di kegare, 汚れ impuro, prettamente a causa del sangue mestruale e del parto e, pur avendo avuto posizioni di potere nello shintoismo primigenio sono state poi relegate ad un ruolo secondario ed escluse da molti riti e pratiche performative6. Allo stesso modo i culti strettamente legati all’ujigami, 氏神 la divinità protettrice locale, sono riservati a chi appartiene alla comunità. Ad oggi il gruppo di Kasuga è, invece, tra i più aperti dell’isola e consente anche a donne e stranieri di praticare, imparare e poi danzare al matsuri indossando la maschera. Forse proprio perché la tradizione di Kasuga non è antica e non è originata direttamente nel santuario shintoista, è stato possibile riformarla.

Hirofumi Saito, attuale kaichō, ci racconta che tra la fine degli anni ’90 e il 2000 il presidente, che allora era il signor Nanba, ha aperto a donne e stranieri ingrossando così le file dell’Onigumi. La prima donna diventata membro del gruppo nel 2001 si chiama Chida ed è stata un membro del famoso gruppo dei Kodo dal 1990 al 2017. Aveva conosciuto il gruppo dei Kasuga-gumi e li aveva invitati all’Earth Celebration, un festival molto rinomato con spettatori e artisti da tutto il mondo che si tiene ad Ogi, dall’altra parte dell’isola di Sado, vicino al quartier generale del famoso gruppo di taiko. Pochi anni dopo Tiffany Tamaribuchi, una famosa suonatrice di taiko nippo-americana, visitando i Kodo viene a conoscere l’Ondeko del Kasuga-oni-gumi e presto inizia a praticare con loro e a raggiungerli per il matsuri ogni anno, finchè non le è concesso di danzare con la maschera. E’ la prima straniera, anche se di origini giapponesi, a perfomare la danza con la maschera alla festa. Da allora la Kasuga-gumi ha portato l’Onidaiko negli Stati Uniti dando workshop e facendo dimostrazioni. Quest’anno sarà nostra ospite per portare l’Onidaiko anche in Italia e al Japan Matsuri di Bellinzona (20-21 settembre 2025).

Kasuga non è l’unico posto a Sado in cui le donne possono praticare l’Ondeko, anche se probabilmente è stato il primo gruppo ad ammetterle.

Le donne a volte possono praticare ma non indossare la maschera e danzare al festival, oppure come a Kasuga sono membri paritari, possono anche insegnare e suonare il tamburo. In gruppi di paesi molto piccoli l’apertura è stata necessaria anche per mantenere viva la danza. Nei villaggi di Iwakubi e Kakinoura il collegamento con il gruppo dei Kodo è stato fondamentale: i giovani apprendisti del gruppo, kenshūsei imparano danze e ritmi come parte del loro training e la loro partecipazione ha mantenuto viva la festa e molti di loro continuano per passione a partecipare alle pratiche e al matsuri una volta l’anno anche una volta diventanti membri o staff del gruppo. Inoltre l’esperienza del matsuri e dell’Ondeko ha anche influenzato i Kodo nelle loro produzioni artistiche, che pur essendo contemporanee e originali, hanno un forte legame con le arti performative folkloriche e religiose.

Finalmente è il 14 Aprile! Sono le 5 del mattino, albeggia, i preparativi fervono. Arriva Nanba-san, è un danzatore anziano, avrà almeno 80 anni, al matsuri danza ancora almeno una volta. Ci hanno fatto vedere un video, i suoi gesti sono contenuti, più piccoli e misurati, ma la forza dell’Oni traspare da una tensione degna di uno dei migliori danzatori professionisti che si possono ammirare in teatro. Nanba è il kaichō precedente, quello che ha cambiato la politica dell’Onigumi, aprendolo e rendendolo quello che è oggi. E’ grazie a lui se siamo qui. Lo salutiamo con un misto di emozione e timore, lui ridacchia ironico, gironzola tra i preparativi incoraggiando e prendendo in giro, prende una birra e la apre: “kanpai”. Si ferma a parlare con il prete scintoista chiamato da Niigata, come ogni anno, per la funzione di apertura, fumano, scherzano, ridono bevendo birra e caffè in lattina. Si avvicina ai membri più giovani che stanno tagliando il bambù per decorate i carretti che porteranno il tamburo e il suonatore, afferra una roncola e inizia a tagliare il bambù. Altri membri e amici dell’Onigumi preparano i piccoli frigo portatili delle vettovaglie da caricare su un camioncino scoperto che seguirà Oni e suonatori. A lato si trovano alcune pile di casse di birra, shochu-sour, e highball7: le lattine vengono liberate e messe nel ghiaccio. Qualcuno cerca acqua e bibite analcoliche per i bambini e i danzatori più giovani. Si distribuiscono gli happi e i tennugui8 del Kasuga-gumi, ne riceviamo due anche noi. Ci chiedono di aiutare i preparativi e ci prendono in giro perché parteciperemo al festival: porteremo la lanterna che accompagna l’Oni e spingeremo il carretto, forse suoneremo e danzeremo, ma chissà se siamo capaci!

Intanto, all’interno della sala, i bambini, il ragazzo ventenne che per la prima volta indosserà la maschera e una danzatrice venuta dagli Stati Uniti si vestono e preparano le maschere aiutati dalle mamme e dagli adulti. Finalmente tutto è pronto, ci si incammina verso il piccolo santuario scintoista con i due carretti, uno viene spinto a mano, mentre il secondo tamburo verrà caricato su un piccolo furgoncino scoperto e portato per visitare le case nelle zone più periferiche.
 La comunità sale la gradinata del santuario e passa il Torii. Solo i danzatori in costume entrano nel piccolo santuario con le maschere per la rituale purificazione degli oggetti, tutti gli altri aspettano nel prato antistante all’ombra di alti alberi.

Nonostante la fama e la popolarità dell’Ondeko si sa relativamente poco delle sue origini. L’Oni come figura folklorica è presente in molte aree del Giappone, come pure in altre aree la maschera dell’Oni è usata in danza folkloriche e religiose. Tuttavia l’Ondeko, questa particolare forma di danza accompagnata dal tamburo con l’Oni che si aggiunge a suonare l’altra pelle, performata capillarmente di casa in casa è tipica e unica dell’isola di Sado.

L’isola è molto importante per la storia del teatro Nō, 能9.

Sado è stata per secoli luogo di esilio di politici, monaci e intellettuali scomodi al governo. Tra gli esiliati famosi troviamo Zeami10, attore e drammaturgo che codificò le strutture essenziali del Nō, scrivendo importanti trattati che analizzano le condizioni tecniche, psicologiche ed estetiche dell’arte drammatica e compose molti fra i drammi ancor oggi rappresentati. Tuttavia non è a Zeami che si deve la diffusione del Nō nella remota isola di Sado.

La posizione remota di Sado ha fatto sì che l’isola fosse lasciata ai margini dello sviluppo economico fino agli inizi del 1600, quando la scoperta di giacimenti di oro fece dell’isola un’importante regione del regno e per questo fu posta sotto il controllo diretto dello shogunato Tokugawa. Il primo commissario dello shogun inviato in quest’isola remota portò, con sé l’amore per il Nō promuovendo la costruzione di teatri all’interno dei santuari shintoisti e dando inizio alle rappresentazioni teatrali come riti offerti ai kami. A Sado il Nō diventa quindi accessibile non solo ad un pubblico colto, come avveniva nel resto del Giappone, ma anche ad un pubblico più ampio. Al suo massimo sviluppo erano attivi a Sado fino a 200 palcoscenici dedicati al Nō, e ancora oggi un terzo dei palcoscenici dedicati a questa forma teatrale si trovano sull'isola di Sado. Molti di questi sono strutture storiche e sono state costruite all'interno dei terreni sacri dei santuari. Il Nō è quindi particolarmente radicato nella comunità locale dove è stato praticato con continuità anche da persone comuni che hanno mantenuto viva quest’arte nonostante il declino che il Nō ha incontrato con la Restaurazione Meiji (1868). Toshihiro Kondo, presidente di un’associazione che preserva e promuove il teatro Nō sull’isola, ricorda: “Mi sembra che fosse una norma tra le persone influenti, tra i leader della comunità, avere la conoscenza e la capacità di eseguire uno o due canti Nō. Quando ero bambino ricordo di averli visti e sentiti cantare in occasioni festive, ricevimenti nuziali, ricorrenze stagionali, matsuri e feste in cui le persone si riuniscono”11.

E’ proprio nel periodo di diffusione del Nō sull’isola che si suppone abbia preso forma l’Ondeko, probabilmente a partire da forme folkloriche di danza influenzate da questa forma di teatro. Leggenda vuole che tra il 1716 e il 1735 un attore della famiglia Homma, che dirigeva la scuola Hoshoru a Sado12, trasformò una coreografia del teatro Nō in una danza accompagnata dai tamburi. Uno studioso locale riporta che non è corretto dire che il Nō abbia dato origine all'Ondeko, tuttavia il Nō ha influenzato grandemente lo stile di danza dell'Ondeko.

Oggi ci sono circa 120 gruppi Onidaiko a Sado e uno studioso locale ci spiega che la danza può essere divisa in cinque stili o tre tipi. Lo stile più diffuso è lo stile Katagami, che viene praticato soprattutto nel centro dell’isola. Sembra che questo sia lo stile maggiormente influenzato dal Nō, poiché il ritmo è più lento e la danza utilizza i passi distintivi del Nō detti suriashi, すり足, passi che strisciano. C’è poi lo stile Mamemaki, 豆まき letteralmente “spargere fagioli secchi” più diffuso al nord, nella zona della miniera d’oro di Aikawa. Questo stile include la danza di un vecchio che sparge fagioli come portafortuna mentre l’Oni porta una spada o una lancia e la sua danza è ridotta. Nello stile Maehama due Oni, maschile e femminile, danzano insieme con l'accompagnamento del tamburo cui si unisce un flauto. Lo stile Issoku, 一足 una gamba, si trova nella zona di Ogi ed è caratterizzato dall'Oni che salta su un piede mentre suona il tamburo. Lo stile più raro è lo stile Hanagasa, eseguito solo in due villaggi sulla punta orientale di Sado. Qui gli Oni fanno parte di uno spettacolo più ampio che si sviluppa in uno spazio quadrato e decorato con fiori che richiama il quadrato sacro dello scintoismo e include una danza del leone e un'esibizione di canzoni popolari.

Un altro modo di classificare le danze le raggruppa in soli tre stili: lo stile Aikawa, settentrionale, che include la danza Mamemaki, lo stile Kuninaka, centrale, che deriverebbe principalmente dalla danza Katagami, e lo stile Maehama, meridionale, in cui gli Oni danzano con l'accompagnamento di flauto e tamburo.

Esistono molte variazioni negli stili di danza, nei movimenti, nei ritmi del tamburo, ma anche negli elementi che la caratterizzano. In alcune è presente anche lo shishi, 獅子 il leone cinese, oppure il Rōso, una figura clownesca, vestita di giallo che dirige, annuncia e interagisce con Shishi e Oni. Esiste una leggenda secondo cui se l’enorme Shishi ti morde la testa, puoi sbarazzarti del male e liberarti dalla malattia perciò farsi mordere dallo Shishi è un forte segno beneaugurate. Lo Shishi è composto da una maschera di legno di grandi dimensioni e di un lungo corpo di stoffa decorata che viene mossa e sorretta anche da 15 a 20 persone.



I danzatori escono dal santuario. Sono le 6 del mattino, il sole è ormai alto e accarezza il tamburo filtrato dagli alberi. E’ il momento per le prime tre danze: la danza osu, 雄 maschile, mesu, 雌 femminile e ito, 糸 filo. I bicchierini di sakè fanno il giro dei suonatori e dei presenti, il kashira inaugura il matsuri con poche parole, il momento è solenne e festoso insieme, al termine del discorso brinda, fa un lungo sorso di sakè e lo sputa sul tamburo, purificandolo, che subito inizia a suonare. L’Oni entra in scena, portentoso e terrificante, una maschera nera dalla bocca chiusa, è la prima danza, quella maschile, abbiamo l’onore di partecipare a questa prima danza: io porto il chōchin, 提灯 la lanterna, a guidare il demone e T. accompagna la prima danza con il tamburo. I portatori di lanterna circoscrivono lo spazio dell’Oni, lo incitano. Nel mezzo della danza l’Oni scatta in una corsa verso il santuari, i portatori di lanterna lo anticipano sul sentiero e poi lo seguono correndo, infine lo guidano indietro, indietro verso il tamburo. Il sakè è servito ai suonatori e all’Oni ed è poi la volta dell’Oni con la maschera rossa dalla bocca aperta. La danza è più raffinata, è quella femminile, un’altra corsa verso il tempio. Infine l’ultima danza, la più lunga e complicata termina con l’Oni che arriva al tamburo e lo suona con movimenti quasi acrobatici che richiamano la filatura.
E’ la danza ito, che in giapponese significa filo.

Le danze dell’Ondeko sono molteplici e diversificate. Nel Kasuga Onigumi si distinguono le danze osu, 雄 maschile, mesu, 雌 femminile, nelle versioni breve e lunga e la danza ito, 糸 filo. Per imparare solitamente si comincia dalla danza breve maschile, la più semplice, per poi studiare tutte le altre con le loro variazioni fino alla complessa e lunga danza ito. Al matsuri si performa una danza in ogni casa. Le case sono più di 200 quindi, per la maggior parte delle visite, si predilige la danza osu nella sua versione breve. Le danze più lunghe sono riservate a famiglie o attività commerciali che si sono distinte grazie ad una donazione consistente al Gumi oppure offrendo un lauto banchetto. A volte i danzatori performano la versione lunga per ringraziare qualcuno che ha favorito il Gumi o ha fatto qualcosa di speciale per la comunità. Spesso i danzatori più esperti, quelli ormai in pensione o i più anziani, danzano davanti alle loro case e si esibiscono nella danza preferita.

Elemento caratteristico dell’Oni è la maschera. Queste maschere sono intagliate in legno di Paulownia e laccate. Gli artigiani delle maschere sono ormai anziani e la loro arte sta scomparendo. Hirofumi Saito, kaichō della Kasuga-gumi, da qualche anno sta andando a bottega per imparare a costruirle. Sono intagliate, rifinite e laccate a mano, la chioma è di crini di cavallo. Farle richiede molto lavoro, sono preziose e molto costose. Il gumi ha anche delle maschere meno preziose, da usare per le prove. Una delle danzatrici americane ne ha una sua. Dopo essere venuta per anni a Kasuga, ha chiesto di poterne avere una costruita per lei.

A Kasuga dicono che se la maschera ha la bocca aperta è un Oni femmina, se chiusa maschio. Maschile e femminile si riferiscono all’energia yin e yang più che al genere sessuale. Uomini e donne vestono sia maschere maschili che femminili.

Il costume presenta molti elementi simbolici, sulla schiena sono annodate strisce di tessuto di cinque colori chiamate Goshiki, 五色 e associate agli elementi della teoria yin-yang. A Kasuga dicono che il blu sta per il legno, il rosso per il fuoco, il giallo per la terra, il bianco per l’oro e il nero per l’acqua.

Terminate le danze al tempio si scende la lunga scalinata e inizia il peregrinare di casa in casa. Il carretto parte subito tra le case vicine. Noi veniamo caricati su una specie di ApeCar con il tamburo e le vettovaglie, mentre un’altra segue con i danzatori e le maschere. Ci dirigiamo verso le case più periferiche. Una volta arrivati ci si ferma, si monta il tamburo sulla sua base decorata con il bambù, si distribuiscono le lanterne, il suonatore inizia a suonare, l’Oni si avvicina, batte tre volte sul corpo del tamburo con i suoi corti bachi, 撥 le bacchette, e parte la danza. Durante la danza i portatori di chōchin 提灯, circondano l’Oni, gridano i loro kakegoe, 掛け声 urla di incoraggiamento a tempo col tamburo. I ragazzi più giovani, spesso danzatori anche loro, a volte sfidano apertamente l’Oni, avvicinando la lanterna al muso per poi allontanarla di colpo. Ad un momento definito della danza l'Oni si rivolge alla porta spalancata della casa, la guarda con una scossa del capo e vi entra guidato dai portatori di lanterne. Una volta entrato scuote più volte la sua lunga chioma, a volte si ferma sul ciglio della porta, a volte entra e scompare per qualche minuto per poi riuscire. Viene guidato indietro dalle lanterne, indietro fino al tamburo, sfila una bacchetta dalla mano destra e batte sul tamburo saltando su un piede solo e poi suona saldamente ancorato a terra. Tre colpi finali, si inchina al tamburo ed esce di scena. Le case sono aperte, sui tavoli cibi e bevande.

La danza esprime tutta la potenza dell’Oni, una potenza soprannaturale e divina che pur benigna deve essere contenuta. E’ questa la funzione della luce delle lanterne: delimitare lo spazio in cui si muove il divino e contenere la potenza dell’Oni perché non travolga lo spazio antropizzato.

I portatori di lanterna sono figure essenziali e la loro postura e il loro movimento fanno anch’essi parte della performance dell’Oni: movimentano la danza ai suoi fianchi, lo incoraggiano, lo sfidano, gli si avvicinano fino a sfiorarlo, si allontanano, ma soprattutto lo guidano, sempre attenti ai gradini, agli ostacoli. Dalla maschera la visibilità è molto limitata e il danzatore dopo ore di danza, accaldato sotto la maschera, potrebbe anche avere un mancamento e bisogno di essere sorretto al termine della danza quando, tolta la maschera, torna sè.

Al mattino danzano soprattutto i bambini, i più piccoli sono senza maschera, ma quelli di 6 anni già danzano indossando le pesanti maschere di legno e crine di cavallo. Gli abitanti delle caea offrono succhi e dolci, zuppa di miso e spiedini, pezzi di sushi, caffè, birra e sakè. In ogni casa, anche solo per pochi minuti, ci si ferma, i danzatori tolgono le maschere e riposano e in ogni casa si chiede notizia e dei vari membri della famiglia, i tanti che si sono trasferiti lontano da Sado spesso tornano per il matsuri. Nessuno è sorpreso dalla nostra presenza, il Kasuga-oni-gumi ormai è famoso per accogliere gli stranieri al loro matsuri, ma nessuno si aspetta due italiani, veniamo accolti e viziati!
 Un albergo ristorante del centro, cui viene dedicata una delle danze più complesse, offre un vero e proprio banchetto con ogni tipo di leccornia e ottimo sakè locale: è ormai pomeriggio, si è danzato tutto il giorno, con solo un’ora di pausa per il pranzo, la sosta al ristorante dura quasi un’ora e permette a tutti di rifocillarsi e riposare.

Si prosegue di casa in casa, si visitano negozi e piccoli uffici. Una delle performance più lunghe ed entusiasmanti è offerta alla casa di riposo, molti anziani sono fuori nel cortile, alcuni in sedia a rotelle, sullo sfondo alcuni bellissimi ciliegi ancora in fiore, si eseguono più danze e di sorpresa esce lo shishi. Lo Shishi, il leone di origine cinese, non appartiene allo stile perfomato a Kasuga, ma il Gumi ha una vecchia maschera, la usano solo qui, mordono la testa di ogni anziano nell’allegria generale, il morso dello shishi allunga la vita!

Entrando in casa l'Oni la purifica, uscendo l’Oni si porta via malattia e sventura. Quando va al tamburo e lo suona insieme all’accompagnatore, il tamburo dissolve e purifica. L’Oni è quindi un messaggero del divino che officia un rito di casa in casa. In questo modo il legame della comunità diventa fisico: l’Onigumi ha un contatto reale con ogni persona della comunità, l’Oni quindi diventa anche veicolo di relazioni e supporto, costruttore della rete sociale. Il Kasuga-gumi visita non solo le case, ma le attività produttive, i templi, anche quelli buddisti, le case per anziani, ogni luogo viene purificato dall’Oni e protetto dall’adesivo calligrafico che i rappresentati dell’Onigumi appiccicano ogni anno sulla porta. Ogni luogo offre cibi e bevande, moltiplicando momenti conviviali, intrecciando nuove relazioni e riaffermando le vecchie. Grazie alla danza come pratica condivisa nelle settimane precedenti e poi officiata capillarmente di casa in casa al matsuri, l’Oni diventa il collante di una comunità e il suo marchio identitario.

L’Oni diventa un modello per i bambini, ne sono affascinati e ce ne sono sempre di più che vogliono imparare la danza. Negli ultimi anni soprattutto bambine. Molti sono figli e figlie di danzatori o danzatrici, ma la Kasuga Onigumi va anche nelle scuole per promuovere l’Onidaiko e trovare nuovi danzatori anche tra adolescenti, giovani e adulti.

E’ ormai buio, i bambini hanno posato la maschera e sono andati a casa. I due carretti con i due tamburi si uniscono nella via principale di Kasuga. La strada è addobbata di lanterne, i due carretti si muovono in parallelo ai due lati della strada, il suono dei due tamburi si sovrappone e sembra ubriacare, le danze si fronteggiano. Si avvicendano solo i danzatori più esperti e la danza sembra farsi sempre più intensa. Intanto attorno ai carretti c’è aria di festa, le voci sono alte, si ride e si scherza rumorosamente. Nanba-san si unisce ai portatori di chōchin brandendo una grande bottiglia di sakè tra le risa generali, i kakegoe si intensificano. L’atmosfera è quella di una ubriacatura gioiosa e solenne insieme. L’entusiasmo, la forza delle danze, la stanchezza, l’alcool, il cibo, il suono senza sosta del tamburo e dei kakegoe, il tepore delle case aperte, i banchetti susseguitisi tutto il giorno, l’improvvisa vicinanza di tutte quelle persone mi pervadono con la sensazione di una “buona festa”, di un buon auspicio, di una rete che unisce le persone, ma anche di un legame tra noi esseri umani con tutto quell’invisibile portentoso che l’Oni suggerisce. Alle 22:30 l’ultima danza davanti alla sala del tempio, la lunga e virtuosistica danza ito, Shota danza da ore. Tra le grida di incoraggiamento e l’incalzare delle lanterne perde una bacchetta, ma la sua ultima danza è selvaggia, scalpitante, furente e meravigliosa.


Biografia dell'autrice

Chiara Codetta Raiteri, in arte Khilibe, studia il tamburo giapponese da quindici anni in Giappone, in Europa e negli Stati Uniti dopo anni di concerti in tutta Europa con l’ensemble di cornamuse e tamburi europei Barbarian Pipe Band. Già laureata in Scienze Politiche (magistrale), si è laureata nuovamente in Scienze Etnologiche e Antropologiche con una tesi sul taiko che si occupa della relazione tra identità e musica, nella comunità nippo-americana di Los Angeles, dove ha studiato taiko per sei mesi e ha scritto la tesi presso l’Università della California-Riverside. Fa parte della associazione Taiko Lecco da dieci anni dove è attiva nell’ideazione di concerti e spettacoli anche attraverso la composizione di brani originali, nella conduzione di laboratori, musicali e psicomotori, per bambini e adulti.

Ha inciso un disco di brani originali di taiko uscito nel 2019 con i Sanbiki no Taikouchi e con il trio LocoLadies è stata di recente in Canada per un tour di performance e workshop. Ha registrato con Tobia Galimberti il taiko nel brano “Horizon in Your Eyes” di Dardust. Nel 2023 con Tobia Galimberti ha fondato il duo VuguV che partendo dal taiko nei suoi aspetti più ancestrali e folklorici lo porta nella musica contemporanea e nella performatività con collaborazioni di diversa natura, in particolare il duo sta collaborando con il compositore Gabriele Batia alla realizzazione di una suite di 5 movimenti che unisca taiko e musica elettronica, il progetto è sotto la Garden Blaze records. Negli ultimi anni lavora a brevi performance e collaborazioni da solista.

Nel 2018 è stata invitata al programma Roots of Kodo, finanziato dal ministero giapponese degli Affari Culturali, presso l’isola di Sado, dove ha approfondito la tecnica e la storia del taiko. Si occupa di organizzare scambi ed eventi che aiutino il formarsi di una rete di gruppi e comunità che praticano il taiko nel mondo. Nel 2019 è stata responsabile del gruppo italiano alla Quarta Conferenza Europea ed invitata in qualità di osservatrice europea alla North American Taiko Conference. Negli ultimi anni si occupa di organizzare scambi ed eventi che aiutino il formarsi di una rete di gruppi e comunità che praticano il taiko nel mondo, nel 2022 è stata parte dello dello staff organizzativo del primo European Taiko Expo.

Attività didattica

Insegna taiko in regolari corsi per adulti e nelle scuole di ogni grado da sette anni. Negli ultimi anni sta sperimentando il taiko anche come strumento di team building e all’interno di situazioni di disagio, attraverso la conduzione di laboratori per adulti e ragazzi. In particolare ha introdotto il taiko tra gli strumenti per la cura di patologie psichiatriche negli adolescenti conducendo laboratori presso Rosa dei Venti onlus di Tavernerio. Ha fondato il gruppo Tai-Ko-Mo a Como e recentemente sta collaborando come insegnate alla fondazione di un gruppo a Casale Monferrato presso la associazione Yamato. Dal 2020 cura una rubrica sulla storia del taiko sul canale del Consolato del Giappone a Milano.

Contatti

Chiara Codetta Raiteri, ; +39 349 4054412

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Note

1. 頭 leader del gruppo incaricato di gestire il matsuri annuale e responsabile delle prove. ↩︎

2. Che l’autore sappia, non esistono studi approfonditi in lingua inglese sull’Onidaiko di Sado, le fonti di questo articolo sono soprattutto orali, risultanti da interviste e racconti di studiosi locali e membri delle Onigumi di Sado, inquadrati da una bibliografia più generale su maschere, danze rituali, cultura e religioni giapponesi. ↩︎

3. l matsuri sono feste folkloriche-religiose spesso legate o originate da culti shintoisti celebrate in moltissime località del Giappone, dai villaggi ai quartieri delle metropoli. I matsuri sono di natura diversissima tra loro, ma molti matsuri comprendono forme performative, ed è questo il caso dell’Onidaiko, tipico dell’isola di Sado. ↩︎

4. 会長, il rappresentante, equivalente del nostro presidente di associazione. ↩︎

5. Kodo,鼓童, è probabilmente il gruppo musicale di percussionisti di tamburi taiko più famoso al mondo. Il gruppo ha sede sull'Isola di Sado vicino alla cittadina di Ogi e ha avuto un ruolo molto importante nella promozione e diffusione del taiko e delle sue possibilità sonore in Giappone e all'estero. Per diventare membri effettivi del gruppo si fa un periodo di apprendistato di due anni e si passa una severa selezione. In due anni gli apprendisti, kenshūsei 研修生, vivono insieme e imparano, oltre al taiko, molte arti perfomative folkloriche giapponesi. In questo periodo partecipano anche a due matsuri Ondeko vicino a Ogi, quello di Kakinoura e quello di Iwakubi. ↩︎

6. L’esclusione delle donne dai riti shintoisti è il risultato di un fenomeno complesso e stratificato. Si veda “Marangoni, Rossella. 2023. Onibaba : Il Mostruoso Femminile Nell’immaginario Giapponese. Sesto San Giovanni (MI): Mimesis, pp.22-29. ↩︎

7. Shochu-sour, 焼酎サワー detto shochu-sauar, un cocktail a base di distillato da orzo, patate dolci o riso, aromatizzato spesso al limone. Highball, ハイボール detto haiboru, whiskey diluito in soda. Sono popolari bevande alcooliche vendute in lattina. ↩︎

8. Happi, 法被, è una giacca tipica giapponese di cotone, di solito di colore indaco o marrone con stampe di simboli araldici giapponesi o ideogrammi. Tenugui, 手拭い è un asciugamano di cotone leggero che misura tipicamente 35x90 centimetri, quasi sempre decorato con qualche motivo stampato. Ricopre tutte le funzioni di un qualunque asciugamano: pulizia, decorazione o souvenir. Al giorno d'oggi i tenugui sono ormai sostituiti quasi del tutto dagli asciugamani di spugna. Sono ancora popolari, sebbene solo come copricapi, decorazioni o souvenir nel kendō. Sia gli happi che i tenugui sono decorati con i kanji del Kasuga-oni-gumi. ↩︎

9. il teatro Nō, 能, è un genere teatrale giapponese che combina elementi drammatici, canto e danza, nato verso la fine del 14° sec. dalla fusione di precedenti forme di spettacolo, raccontando miti e leggende come tema principale, si è perfezionata nel XIV secolo e viva ancora oggi. Sin dall’epoca Tokugawa (1603-1867) il Noh assunse, rispetto agli altri generi teatrali, il carattere di spettacolo riservato alle classi colte e aristocratiche. ↩︎

10. Motokiyo Zeami, conosciuto anche col nome di Kanze Motokiyo (Nagoya, 1363 circa – 1443 circa) ↩︎

11. L’intervista è riportata nel sito istituzionale per la promozione del turismo a Sado, nella pagina dedicata al Nō. Toshihiro Kondo è il presidente della associazione Sado no Nō wo Shiru Kai. ↩︎

12. Hoshoru è una delle scuole nazionali del teatro Noh. ↩︎

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