La trasmissione del sapere nelle Arti Marziali del Giappone

Scritto da Christian Russo shinobido.it - tinyurl.com/christianrussobooks -

La trasmissione diretta

Nel vasto e articolato universo delle arti marziali giapponesi come in tutte le arti tradizionali, la trasmissione delle conoscenze rappresenta un aspetto cruciale, intriso di tradizione e rispetto per i maestri del passato. Uno dei metodi più significativi e diretti di trasferimento del sapere marziale è conosciuto come kuden (口伝), o trasmissione “a voce”. Questa pratica implica un insegnamento faccia a faccia, dove le tecniche e i principi vengono passati verbalmente dal maestro all’allievo, spesso accompagnati da dimostrazioni pratiche e correzioni personalizzate.

Il kuden è più di un semplice scambio di informazioni tecniche; è un processo immersivo che incorpora filosofie, tattiche sottili e segreti non facilmente codificabili in testi scritti. Attraverso il kuden, l’allievo apprende le tecniche e assorbe anche i valori etici e lo spirito delle arti marziali, imparando direttamente dall’esperienza e dalle intuizioni del maestro. Questa modalità di insegnamento permette una profonda personalizzazione dell’apprendimento, adattandosi alle capacità, al temperamento e al progresso individuale dell’allievo, nutrendosi al tempo stesso di correzioni continue fino all’ottenimento del risultato e di esplorazione di ogni variabile disponibile nei diversi scenari.

La relazione maestro-allievo, pertanto, diventa fondamentale nel kuden. Si tratta di un legame forgiato sulla fiducia e sul rispetto reciproco, essenziale per il trasferimento efficace della conoscenza marziale. In questo contesto, ogni lezione è un’occasione per l’allievo di connettersi non solo con le tecniche insegnate, ma anche con la storia e la linfa vitale dell’arte stessa.

Ma se la trasmissione orale è la base della pratica delle arti marziali, vi sono due “dimensioni” nei quali questi insegnamenti orali possono esprimersi: i concetti di “facciata e interno”, “maschera e interiorità”, “essoterico e esoterico”, Omote e Ura.

Nei contesti delle arti marziali giapponesi, i concetti di omote e ura descrivono due aspetti complementari dell’insegnamento e della pratica, riflettendo una dualità fondamentale nella trasmissione del sapere. Omote (表) può essere tradotto come “fronte”, “superficie” o “esterno”. Nel contesto delle arti marziali, si riferisce alle tecniche, ai movimenti e ai principi che sono insegnati apertamente. Queste sono le pratiche fondamentali che vengono mostrate a tutti gli studenti, indipendentemente dal loro livello di avanzamento. Le tecniche omote sono generalmente quelle che formano la base dell’arte marziale e sono essenziali per costruire una solida comprensione dell’arte. Sono più accessibili e spesso progettate per essere apprese rapidamente da nuovi studenti, anche “esterni”. Fondamentali in quanto fondamento, queste tecniche sono di vitale importanza e formano la base su cui si costruiscono competenze più avanzate.

Ura (裏) significa “retro”, “dietro” o “interno”. Ura si riferisce alle tecniche più avanzate o segrete che vengono trasmesse solo agli studenti che hanno dimostrato dedizione, capacità e maturità. Queste tecniche sono spesso più complesse, sottili o profonde rispetto agli insegnamenti omote. Le tecniche ura possono includere variazioni avanzate di movimenti di base, applicazioni pratiche di tecniche in contesti di combattimento reale, o insegnamenti filosofici più profondi dell’arte. L’accesso a queste conoscenze è considerato un privilegio che viene guadagnato attraverso il duro lavoro, la lealtà e la comprensione degli insegnamenti più basilari.

La distinzione tra omote e ura enfatizza il percorso di crescita e apprendimento nelle arti marziali, dove non solo le competenze tecniche, ma anche la maturazione personale e spirituale, determinano la progressione di uno studente. Inoltre, questi concetti sottolineano l’importanza della gradualità nell’apprendimento e nel disvelamento della conoscenza, rispecchiando la tradizione giapponese di profondo rispetto per il processo di trasmissione e ricezione della sapienza, da maestro a discepolo.

E se ancora le categorizzazioni progressive non dovessero essere bastate al lettore, ci si può spingere ancora più in profondità, con i livelli okuden, ogiden, hiden e betsuden (ma ne esistono anche di ulteriori o di diversi, a seconda delle diverse tradizioni).

Il termine okuden può essere tradotto come “insegnamenti profondi” o “trasmissione profonda”. “奥” (oku) significa “profondo” o “segreto”, e “伝” (den) significa “trasmissione” o “insegnamento”. Okuden si riferisce a tecniche e conoscenze che sono trasmesse solo agli studenti più avanzati, spesso in uno stadio tardivo del loro apprendimento. Questi insegnamenti possono includere tecniche complesse, strategie avanzate o filosofie profonde che richiedono una comprensione pregressa dell’arte. Gli insegnamenti okuden sono considerati particolarmente preziosi e sono custoditi con grande riservatezza per preservarne la purezza e l’integrità. L’accesso a questi insegnamenti è tipicamente un segno di grande fiducia e rispetto tra maestro e allievo.

Il concetto di ogiden (奥義伝) si colloca a metà tra okuden e hiden, per livello di profondità e sofisticatezza degli insegnamenti.

Hiden significa “trasmissione segreta (hi - 秘)” o “insegnamenti segreti”. Simile ad okuden, hiden rappresenta conoscenze che vengono trasmesse sotto stretta discrezione e solo a discepoli selezionati. Tuttavia, mentre okuden può essere visto come un livello di insegnamento dentro un sistema formale di apprendimento, hiden spesso implica la trasmissione di tecniche o conoscenze che sono considerate l’essenza stessa o il cuore dell’arte marziale. I contenuti di hiden sono talmente fondamentali e centrali per la disciplina da essere tenuti segreti al grande pubblico e condivisi solo all’interno di un ristretto circolo di praticanti fidati. L’idea è quella di mantenere il controllo sull’interpretazione e l’applicazione di tali conoscenze per evitare abusi o malintesi.

Il concetto di betsuden (別伝) rappresenta infine una forma di trasmissione delle conoscenze a un numero ristretto di discepoli, che si distacca dalle vie canoniche o ufficiali. Il termine può essere letteralmente tradotto come “trasmissione separata” o “insegnamento distinto”. Questi insegnamenti sono spesso considerati un ramo alternativo o un’estensione specializzata della conoscenza principale insegnata nella scuola. A causa della loro natura esclusiva e spesso avanzata, le conoscenze betsuden sono usualmente riservate agli studenti che hanno dimostrato un impegno eccezionale e una profonda comprensione dell’arte. Questo metodo di trasmissione aiuta a preservare la purezza e l’efficacia delle tecniche più delicate o potenti, o di una linea di insegnamento interna a una scuola che rischia di essere trascurata o perduta nel corso delle generazioni. Questa trasmissione può quindi funzionare come mezzo per conservare la diversità all’interno della tradizione, permettendo la coesistenza di diverse interpretazioni o enfasi tecniche sotto l’ombrello di una singola scuola, arricchendo l’ambiente di apprendimento e offrendo agli studenti esempi di come l’arte possa evolvere in diverse direzioni, a seconda delle interpretazioni e delle applicazioni delle sue principali dottrine.

Il kuden, con i suoi molti livelli di approfondimento, è naturalmente il metodo principale passato, presente e futuro (credo... AI permettendo) della trasmissione delle conoscenze marziali. Eppure esiste un altro metodo che nella storia delle arti marziali ha operato in sinergia o in sostituzione momentanea della trasmissione orale: la trasmissione indiretta, ossia la trasmissione per mezzo dei densho, i documenti scritti di passaggio della tradizione.

La trasmissione indiretta

La cultura di riportare per iscritto le conoscenze tipiche di una tradizione (militare o di qualsiasi natura) è da sempre in Giappone uno strumento didattico, mnemonico, testamentario e di legittimazione dinastica.

I densho, questo è il nome collettore di questi documenti (伝書 - trasmissione scritta), hanno assunto diverse forme e significati nel corso dei secoli: liste di tecniche i cui particolari esecutivi venivano tramandati oralmente, cronache, elenchi di dettagli per le future generazioni, promemoria, libri di strategia o filosofia, testamenti, racconti e canti simbolici (uta).

La forma fisica dei densho variava ampiamente: poteva trattarsi di tradizionali rotoli (makimono), pratici per trasporto e conservazione, oppure di libretti rilegati per mezzo di cuciture in carta o a soffietto.

Per la loro natura simbolica, e per di più ammantata da voti solenni di segretezza e simbologie esoterico-religiose, i densho si sono prestati a assumere non solo un ruolo apotropaico (talismanico), ma anche un ruolo politico ed economico per i suoi detentori. Possedere un densho poteva infatti assicurare prestigio, credibilità, legittima appartenenza a un lignaggio.

La forma scritta delle conoscenze nei densho le "cristallizzava" in un canone definito, contribuendo alla protezione della proprietà individuale. Tali documenti erano sempre datati e firmati (in alcuni casi con l’impronta della mano dell’autore in inchiostro sumi), potevano essere illustrati e contenere talismani tracciati, e venivano periodicamente ricopiati.

L’usanza della trascrizione dei densho avvenne nei secoli per molti motivi: se da un lato la loro distruzione in alcune correnti tradizionali avveniva con cadenza periodica - per la degradazione della carta o per evitare che cadessero in mani nemiche, da un altro lato poteva accadere che il nuovo erede dovesse realizzare la propria copia, con tutti gli errori e la romanticizzazione che sarebbero potuti derivare dalla duplicatura a mano o dagli scherzi della memoria. In alcuni periodi storici non mancarono naturalmente le contraffazioni, le copie clandestine o i riassunti di altri documenti, per ragioni lecite, per scarsità di reperibilità dei documenti originali o al fine di acquisire un qualche genere di influenza nel proprio ambiente.

Se i densho redatti e poi ricopiati a mano pervenuti fino a noi sono dei veri e propri “sopravvissuti” della storia, con lo sviluppo delle tecniche di stampa in Giappone, alcuni di essi vennero “riversati” su libri “moderni” per la posterità.

L'importanza e l'interesse dei densho come strumento di trasmissione indiretta delle conoscenze non può essere sottovalutata. Questi documenti non solo rappresentano una finestra preziosa sul passato, offrendoci un accesso diretto alle tradizioni, alle filosofie e alle tecniche che altrimenti sarebbero andate perdute, ma fungono anche da testimoni della storia culturale e sociale del Giappone. Attraverso i densho, è possibile percepire l'evoluzione delle pratiche, della lingua e del pensiero nel corso dei secoli, nonché le variazioni introdotte nel tempo, che riflettono sia il cambiamento sociale sia le necessità adattive delle diverse epoche.

Inoltre, il loro ruolo nel conferire prestigio e legittimità a chi li possedeva sottolinea l'importanza della conoscenza scritta come strumento di potere e influenza. L'usanza di ricopiare e conservare i densho dimostra un profondo rispetto per il sapere accumulato e una consapevolezza della sua fragilità, stimolando una riflessione sulla nostra stessa pratica di conservazione e trasmissione del sapere in un’epoca digitale.

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