Flora Japonica
Von Siebold, Kawahara Keiga e la classificazione scientifica della natura

Scritto da Roberto Borriello -

Quando due culture completamente diverse si incontrano possono accadere solitamente due cose: sopraffazione di una cultura sull’altra oppure l’inizio di una sinergica collaborazione. Tra Olanda e Giappone si instaurò fin da subito un legame d’intesa. Tutto ebbe inizio quando nel 1594 il porto di Lisbona fu precluso agli Olandesi e Inglesi per volere di Filippo II, re di Spagna, in risposta alle controversie che intercorrevano tra protestanti e cattolici (Tamburello 1974: 144). Ciò spinse l’Olanda ad intraprendere proprie rotte commerciali senza dipendere più da intermediari e ad espandere anche la loro presenza nei mari orientali, fino ad allora esclusivo dominio delle forze iberiche cattoliche. Da Amsterdam si iniziarono a diramare diverse spedizioni che oltrepassarono il Capo di Buona Speranza, attraversavano l’Oceano Indiano per infine immettersi nel pacifico. Un altro percorso per giungere in Oriente fu rappresentato dalla spedizione di cinque navi (De Hoop, De Liefde, T. Geloof, De Trouw, De Blijde Boodschap) nel 1598 che, dopo aver navigato lungo le coste del Cile e del Perù, attraversarono lo Stretto di Magellano (Carioti 2012: 90). Decisiva fu la sorte che toccò alla De Liefde che, riuscendo ad approdare in un porto del Kyūshū 九州, stabilì il primo dialogo con i Giapponesi. Da questo momento le relazioni tra i due paesi iniziarono a consolidarsi e rimanere durature fino alla fine del governo militare (bakufu幕府) Tokugawa徳川(1603 – 1868) perfino dopo l’attuazione dei rigidi provvedimenti di restrizione ai commerci (sakokurei 鎖国令) motivati soprattutto per le continue ingerenze e dispute tra i diversi predicatori cattolici, che furono espulsi dal paese nel 1639. I Giapponesi riconobbero nel 1641 come unica presenza occidentale nel proprio paese gli Olandesi con una base fissa e serrata presso l’isola artificiale di Deshima 出島 nella baia di Nagasaki長崎. Deshima divenne non soltanto la base commerciale (factorij) che connetteva l’Europa e il Giappone ma anche un centro culturale florido che attirava la curiosità di molti giapponesi. L’Olanda attraverso la Compagnia Riunita delle Indie Orientali (Vereenigde Geoctoyeerde Oost-Indische Compagnie – VOC), costituita nel 1602 con il compito di gestire le transazioni mercantili, incorpora questa base nel network commerciale a livelli quasi internazionali in cui oltre alle merci viaggiavano figure eminenti per approfondire le conoscenze dei vari paesi. Tra queste figure spicca quella di Philipp Franz Von Siebold (1796 – 1866) un eccelso medico tedesco animato dall’interesse per le scienze naturali. La collaborazione con la VOC fu stipulata nel 1822 quando, dopo un breve incarico a L’Aia come medico presso la corte Olandese, fu assegnato al servizio nelle Colonie come ufficiale medico (Borriello 2012:10). Nel 1823 ebbe inizio il suo periglioso viaggio verso la colonia di Batavia (odierna Giacarta), sede degli uffici centrali dal 1619 e culla delle merci più rare e più ambite di quel momento, ovvero la noce moscata e il chiodo di garofano. La sua permanenza fu breve, poiché il Governatore Generale Godert Van der Capellen (1778 – 1848) percepì in lui le qualità adatte per condurre studi etnografici in Giappone. Dunque Von Siebold ricevette l’incarico di accompagnare in Giappone il Colonnello Jan Willem De Sturler (1773-1855), nominato da poco nuovo mercante in capo dell’agenzia olandese di Deshima (Opperhoofd). Il fascino per un paese in cui il rapporto uomo-natura era cosi armonioso e non ancora contaminato dal processo di industrializzazione, persuase Von Siebold a risiedere a Deshima per sei anni (1823 – 1829) ma il desiderio di poter dare libero sfogo alle sue passioni e raccogliere materiale per le sue ricerche fu messo a dura prova dai severi controlli che vigevano sull’isola che non consentivano agli olandesi di poter girare liberamente nel paese. Tuttavia, nonostante la reclusione forzata, riuscì a integrarsi nel tessuto sociale. Si impegnò nello studio della lingua giapponese, incentivato anche dall’amore nei confronti di Kusumoto Taki (1807- 1869), “prostituta” (yujō 遊女) a cui fu concesso dagli “uffici amministrativi” di Nagasaki (Nagasaki bugyō長崎奉行) di vivere insieme a lui sotto il nome di Sonogi, e dalla loro unione nacque Ine (1827 – 1903) che seguì le orme di suo padre diventando la prima donna medico in Giappone (Plutschow 2007:8). Ai pochi giapponesi, a cui era concesso accedere nell’isola tramite permessi rilasciati dal bugyō di Nagasaki, Von Siebold dispensò lezioni che spaziavano in tutti i campi della medicina e introdusse innovazioni inedite fino a quel momento, tra queste l’impiego della belladonna (Atropa Belladonna) nelle operazioni chirurgiche date le sue proprietà analgesiche in grado di provocare narcosi o anestesia generale (Compton J. A., Thijsse G. 2013: 281).

L’ammirazione nei suoi confronti si espanse anche tra i daimyō大名 e studiosi delle diverse provincie che iniziarono a chiedergli consulenze e ricompensarlo con doni di vario genere. La notorietà gli creò quel “supporto esterno” per ricevere il materiale che gli occorreva per i suoi studi. Soprattutto campioni botanici che riuscì ad adattare nel suo angolo di giardino nella residenza a Deshima. Un’altra via d’accesso gli fu aperta dai suoi allievi e dal capo dell’agenzia olandese di Deshima che, attraverso le loro insistenti richieste, riuscirono a fargli ottenere permessi speciali dal bugyō di Nagasaki. Nel 1824 Von Siebold poté fondare nel quartiere di Narutaki la prima scuola di studi sistemistici di scienze occidentali, che divenne la nuova sede per le sue lezioni, e realizzare un vasto giardino in prossimità di esso con intenti educativi e di ricerca, il Narutaki juku (鳴滝塾) (Plutschow 2007: 5). Ciò gli permise di essere il primo europeo a vedere i pazienti e ad insegnare medicina occidentale a Nagasaki città. I pazienti, sapendo che Von Siebold era restio ad accettare compenso in denaro, per ringraziarlo dei suoi servizi gli portarono ulteriori materiali che arricchirono la sua collezione (Van Gulik 1989:81). In Giappone tutt’oggi la sua figura gode di grande riverenza in quanto affinatore di questa corrente di studi scientifici occidentali che ebbe inizio dalla relazione con l’Olanda, il Rangaku (蘭学). Questa tipologia di studi, promossa dallo Shōgun Tokugawa Yoshimune (将軍徳川吉宗1684- 1751) attraverso l’emanazione delle Riforme Kyōhō (享保の改革) del 1736 che incentivava l’approcciarsi a tali studi con una parallela elasticità delle leggi d’importazione di testi occidentali, molti dei quali successivamente furono tradotti da una cerchia ristretta d’interpreti olandesi (oranda tsūji オランダ通詞) (Goodman 1986 cap V e VII; Tsukahara 2014: 49). Il tutto apportò non soltanto una vera e propria rivoluzione nel campo scientifico ma anche in quello artistico.

I primi testi medici giapponesi, soprattutto quelli di anatomia topografica, necessitavano di illustrazioni di supporto per la conoscenza dell’esatta forma, posizione, misura degli organi e l’interrelazione delle varie parti del corpo umano. Tale necessità fu colmata prendendo come modello di riferimento sempre più i testi olandesi che segnano inequivocabilmente una rottura rispetto alla trattatistica anatomica d’ispirazione cinese. Si definì una produzione artistica focalizzata sulla trasposizione della realtà (shin, 真) (Abe 2016; Fukuoka 2012). Nel 1774 Sugita Genpaku 杉田玄白(1733 – 1814), insieme ad altri studiosi, concretizza questa nuova visione rappresentata dal primo trattato di anatomia giapponese, Kaitai shinsho (解体新書).

Questo tipo di approccio si estende anche ad altri campi di studi, che nel corso del Settecento e Ottocento venivano sottoposte ad una sistematizzazione scientifica occidentale, tra questi anche la Botanica che inizia ad affermarsi come scienza autonoma e non più come semplice ausilio alla scienza medica, che esaminava le piante fondamentalmente per le loro proprietà farmacologiche, oppure per l'utilità e sulle necessità pratiche dell'agricoltura. In Occidente il promotore dell’elevazione della Botanica a piena dignità scientifica fu lo svizzero Carl von Linné (1707 – 1778), chiamato Carlo Linneo in italiano, che attraverso i suoi studi rivoluzionari proponeva nuovi criteri per nominare e classificare le piante note e quelle sconosciute provenienti dai paesi lontani con le quali lui entra in contatto grazie alla collaborazione con la VOC (Skott 2010: 367). Nell’opera Species plantarum del 1753 introdusse l’uso della nomenclatura binomia, assegnando a ogni pianta due nomi latini: il primo si riferisce al genere e il secondo alla specie, soppiantando cosi il vecchio metodo che prevedeva una lunga frase ingarbugliata in latino. Infatti è a lui a cui si fanno risalire molti nomi scientifici delle piante, come: Camellia Japonica, ancora in uso oggi (His Majesty The Emperor of Japan 2007:139). Inoltre Linneo scosse la coscienza degli studiosi, radicati fino a quel momento a vecchie tradizioni che si tramandavano nel tempo, mostrando come le piante non erano semplicemente costituite da foglie e fiori ma che in loro risiedeva un apparato ben più complesso, definendolo un vero e proprio apparato sessuale, costituito da stami e pistilli. Da queste sue osservazioni le illustrazioni botaniche progredirono ulteriormente. Come lui stesso affermò nella Philosophia botanica del 1751 su come le figure degli erbari dovrebbero “mostrare tutte le parti della pianta, anche quelle minime della fruttificazione” - ovvero “I Peli, le Ghiandole, le Stipole, gli Stami e i Pistilli” - poiché in esse “si celano numerosissime differenze di rilievo che servono benissimo a distinguere la Specie” (Zucchi 2001:17). Le immagini assumono una sempre maggiore valenza scientifica e dimostrano un'elevata attenzione all'anatomia della pianta attraverso un realismo mediato dall’osservazione dal vivo di esse e non più attraverso la copia di immagini precedenti o basate sulla sola descrizione testuale. Questa nuova metodologia fu inizialmente introdotta in Giappone dall’allievo di Linneo, Carl Peter Thunberg (1743-1828), ma ebbe sua piena maturazione e applicazione dopo gli insegnamenti di Von Siebold (His Majesty The Emperor of Japan 2007:139). La fama di Von Siebold, rispetto ai suoi predecessori, è dovuta al fatto che si trovò nel posto giusto al momento opportuno. In quegli anni il Giappone aveva metabolizzato gran parte delle innovazioni occidentali permettendo così una collaborazione molto accesa. Vi furono un gran numero di cultori di studi scientifici olandesi, Rangakusha (蘭学者), che sapevano parlare olandese e molti di loro si adoperarono anche nel traslitterare terminologie specifiche occidentali.

Ad esempio, le problematiche legate alla resa del concetto stesso di natura come oggetto di studio della scienza, natuur in olandese, che Tsuboi Shindō 坪井信道 (1795-1848) si imbatte in alcuni brani di Gerard van Swieten (1700-72). Shindō adoperò inizialmente i caratteri cinesi 那去爾 successivamente optò per Honzen 本然, termine buddhista, per infine scegliere Shizen 自然, di derivazione cinese «così da sé» (Goodman 1986:180). Questo termine identifica ancora oggi la natura intesa come “sistema totale degli esseri viventi, animali e vegetali, e delle cose inanimate che presentano un ordine, realizzano dei tipi e si formano secondo leggi” (Treccani). Provvidenziale per Von Siebold nelle sue ricerche fu soprattutto l’alto livello delle tecniche che gli artisti giapponesi raggiunsero in particolare uno di nome Kawahara Keiga川原慶賀 (1786?-1860?), conosciuto anche con il nome di Toyosuke 登与助 ma che subirà un tocco alla olandese cambiando in Tojosky (Browne 1985 : 33) con il quale firmò molte sue opere in caratteri latini. Keiga sapeva padroneggiare in maniera impeccabile un'arte che coniugava le nuove pratiche occidentali con il tradizionale retaggio giapponese, come si può notare dai suoi lavori conservati la maggior parte al Rijks Museum di Amsterdam e dal recente ritrovamento, restaurato ed esposto, al museo Volkenkunde di Leida. Quest’ultimo è un vero e proprio capolavoro per gli occhi. Un byōbu 屏風, tipico paravento giapponese, datato 1836, formato dall'unione di otto pannelli, alti 171 cm e larghi 470 cm, decorati con una panoramica della baia di Nagasaki di quel tempo. Nonostante l’utilizzo della prospettiva aerea ogni elemento è curato nei minimi dettagli: le montagne con la loro natura, i galeoni olandesi che solcano le onde, e le due stazioni commerciali delle due comunità straniere, Tōjin yashiki唐人屋敷destinata ai cinesi e Deshima 出島agli olandesi. Il sito ufficiale del museo Volkenkunde mette a disposizione una applicazione che consente l’immersione virtuale all’interno di tutta l’opera permettendo così di ammirare appieno la finezza in ogni particolare.

La formazione di Keiga inizia come allievo di Ishizaki Yūshi 石崎融思 (1768 – 1846), un importante pittore dello stile occidentale, yōga 洋画, e “cronista”, mekiki 目利き, al servizio governativo con il compito di registrare le mercanzie e le attività dei cinesi e olandesi. Ciò permise a Keiga anche di entrare in contatto con una varietà di opere ed esserne influenzato, come quelle del pittore cinese Spoilum (attivo a Canton 1785 -1810) (Browne 1985: 31-32). Sotto raccomandazione di Yūshi viene incaricato dal bugyō di Nagasaki come pittore di Deshima, Deshima deiri no eshi出島出入の絵師, una carica ufficiale creata esclusivamente per lui che non sarà più assegnata successivamente (Borriello 2012:78). Keiga potè entrare e uscire liberamente da Deshima e lavorare su commissione per vari olandesi. É in questa circostanza che Von Siebold captò il grande potenziale di Keiga e lo scelse come suo collaboratore a cura delle illustrazioni dei campioni botanici e di altri materiali raccolti.

Nel 1826 Von Siebold e Keiga parteciparono alla visita per rendere omaggio allo Shōgun a Edo 江戸 (odierna Tōkyō 東京), definito in olandese Hofreis – in giapponese Kapitan Edo Sanpu カピタン江戸参府, si organizzava una volta ogni quattro anni e rappresentava l’unico modo per uno straniero di poter visitare la parte più intima del Giappone (Compton J. A., Thijsse G. 2013: 282). In questo lungo viaggio l’arte di Keiga divenne una vera macchina fotografica che immortalava tutto ciò che in Von Siebold suscitava interesse.

Durante il soggiorno alla capitale, Von Siebold poté stringere relazioni con altri studiosi di spicco di quel momento come: Itō Keisuke伊藤 圭介 (1803- 1901), prestigioso medico e botanista che studiò per sei mesi sotto la guida di Von Siebold e fu il primo giapponese a traslitterare la nomenclatura binominale di Linneo nei suoi lavori (His Majesty The Emperor of Japan 2007: 140) e Takahashi Sakuzaemon Kageyasu (1785 -1829), astronomo e consigliere governativo in servizio presso l'osservatorio astronomico imperiale e responsabile della sua biblioteca ed archivio, con il quale si instaurò uno scambio di informazioni e di materiali nell'ambito dell'astronomia, geografia, botanica e fisica (Borriello 2012: 66). Questo scambio, animato dalla reciproca bramosia di conoscenza, provocò l’avvenimento che passerà alla storia come “l’affare Von Siebold” che smorzò l’affiatata collaborazione dei suoi studi con Keiga e il distacco dalla sua famiglia giapponese. Nel 1829 Von Siebold fu accusato di spionaggio per la Russia, dato il ritrovamento di materiale sensibile per il regime Tokugawa in suo possesso come una copia della Grande Mappa delle Coste Giapponesi realizzata da Inō Tadataka伊能忠敬(1745-1818), ritenuta di notevole importanza strategica.

Il regime Tokugawa fu intransigente e bandì Von Siebold dal Giappone costringendolo a far ritorno in Olanda con il materiale che gli era rimasto dalla confisca. Tuttavia, Von Siebold riuscì a continuare i suoi studi attraverso lo scambio epistolare con il suo fedele collaboratore Heinrich Bürger (1806- 1858) che lo teneva aggiornato sulle scoperte della Flora e Fauna giapponese con in aggiunta le preziose illustrazioni di Keiga (Nofuji 2015:293 ; Röell 2020:4). Lo scambio epistolare, mediato attraverso la VOC, riuscì ad alleviare anche le sofferenze della coppia divisa come dimostra una lettera, lunga 3.4 metri scritta da Kusumoto Taki a Von Siebold, scoperta dalla Università di Leida nel 2018. Von Siebold suggellò il profondo affetto nei confronti di Kusumoto Taki inserendo il suo nome nella denominazione scientifica della Ortensia – Hydrangea Otaksa (Otaki – san) (Plutschow 2007:8).

Esaminando la tavola botanica qui riportata, vi è la messa in pratica da parte di Keiga delle teorie di Linneo, acquisite da Von Siebol, come l’utilizzo del volume e chiaroscuro, perfezionate sotto la guida del pittore Charles Hubert de Villeneuve (1800-1874 ), convocato dallo stesso Von Siebol da Batavia nel 1825 come supporto al suo amico. Inoltre trapela quella empatia nei confronti della natura tipica della cultura e dell’estetica giapponese: la postura della pianta, i colori resi il più possibili vicini alla realtà, tutto ciò osservabile dalla infiorescenza a sfera che si espande fino a raggiungere le dimensioni di un pallone e dalla resa dei margini dentellati delle foglie, che caratterizzano l’ortensia, definite attraverso una monocromia che sfuma sottilmente dal verde acido al verde scuro. Keiga si rivelò un inestimabile collaboratore nel cristallizzare l’essenza della natura attraverso la fusione del realismo giapponese con elementi tecnici occidentali. Questa impostazione scientifica d’ispirazione olandese, definita come Hakubutsugaku 博物学, determinò l’allontanamento da quello d’ispirazione cinese Honzōgaku本草学 (studio delle piante con scopi terapeutici e nutritivi). Un esempio di quest’ultima tipologia viene ben rappresentato dal ricettario agricolo Seikei Zusetsu成形図説 commissionato da Shimazu Shigehide 島津重豪, daimyō di Satsuma薩摩, nel 1793 ad un gruppo eterogeneo di studiosi (Abe 2016: 1). Una copia integra di questo ricettario è disponibile nella Collezione Speciale della Biblioteca dell'Università di Leida come parte della Collezione Von Siebold.

Nel 1830 Von Siebold si stabili a Leida dove costruì la sua casa, conosciuta con il nome di Nippon, e realizzò anche un giardino nel quale riuscì ad acclimatare esemplari di piante e alberi giapponesi unici in tutta Europa. Ciò era dovuto anche dalla relazione privilegiata che godeva l’Olanda con il blindato Giappone. Dopo essersi sistemato, Von Siebol si occupò di riordinare tutto il materiale raccolto in suo possesso e si adoperò per trovare supporto che lo potesse aiutare nella pubblicazione dei suoi lavori:

    -Nippon: un archivio per la descrizione del Giappone (Nippon : Archiv zur beschreibung von Japan) 20 volumi 1833-1858

    -Fauna Japonica 5 volumi 1833-1850

    -Flora Japonica 1835-1841 e II° 1844 - X

Nel 1834 Von Siebold fece visita allo Zar Nicola II di Russia per ottenere fondi per le pubblicazioni di Nippon e Flora Japonica. Grazie alla mediazione della sorella dello Zar, Anna Paulovna, Principessa d’Orange, Von Siebold ottenne l’avallo e per ringraziarla le dedica un omaggio nel frontespizio del primo volume di Flora Japonica (Nagata et al., 2013: 263). Il titolo Flora Japonica è dato dal pensiero all’epoca di catalogare unicamente piante endemiche giapponesi ma successivi studi hanno comprovato, dalle illustrazioni botaniche presentate nel testo, che molte di loro siano in realtà d’origine cinese che nel corso del tempo sono riuscite ad adattarsi anche al contesto giapponese. Tante sono le piante che possono raccontare questa migrazione, in particolare vi è la Paulownia che ammaliò Von Siebold, quando alloggiava a Deshima, per la sua peculiare bellezza. In Giappone è conosciuta con il nome di Kiri きり, un albero percepito come dispensatore di energia apotropaica e la sua figura è legata a molte leggende. Il suo legno, date le sue straordinarie proprietà, è impiegato per le più diverse applicazioni e dai suoi grandi fiori melliferi a campana disposti a pannocchia si ottengono olii pregiati. Infine è rinomato per essere l’albero con la crescita più rapida del mondo, abilità che lo stesso Von Siebold registrò nei suoi studi (Nagata et al., 2013: 262). Von Siebold si rivolse al suo amico Keiga per immortalare questo albero attraverso le sue illustrazioni che riuscì a portare con sé a Leida. Pochi erano i campioni botanici che sopravvivevano all’arduo viaggio ma grazie all’arte delle illustrazioni botaniche, che fungevano da vere e proprie fotografie dell’epoca, si poteva testimoniare la loro esistenza e magnificenza. Infatti Von Siebold presentò a Maria Paulovna, Gran Duchessa di Saxe-Weimar-Eisenach, le illustrazioni botaniche di Keiga e in tale occasione gli balzò l’idea di omaggiare ancora un'altra figlia dello zar Paolo I di Russia affibiando il nome di lei all’albero per il fascino che emanavano entrambe le due entità, Paulownia imperialis( o tomentosa) (Nagata et al., 2013: 263). Il nome Paulownia rispecchia anche gli acuti studi di Von Siebold che confutò le ipotesi dei suoi predecessori, come Thunberg che la collocava nella famiglia delle Bignoniacea, collocandola all’interno delle Lamiales. L’illustrazione dettagliata della Paulownia, e di molte altre, realizzate da Keiga servirono come base per il lavoro di Flora Japonica. Von Siebold scelse Joseph Gerhard Zuccarini (1797-1848), professore di botanica all’Università di Monaco di Baviera, come coautore per i due volumi ognuno con cento illustrazioni che furono riadattate per la cromolitografia e furono aggiunte più parti dissezionate del fiore principalmente da Sebastian Minsinger (1800 – 1864). Queste ultime parti permettono una osservazione completa del fiore e di altri elementi presentati nelle diverse angolazioni collocate tendenzialmente al di sotto della raffigurazione centrale. Le illustrazioni non impiegate nell’opera sono conservate al Komarov Botanical Institute (Nagata et al., 2013: 265). Il primo volume è suddiviso in venti fascicoli che furono completati tra il 1835 e 1841 mentre il secondo si arrestò al quinto fascicolo a causa della prematura morte di Zuccarini, che disincentivò Von Siebold a proseguire la pubblicazione, e in più si aggiunse una crisi finanziaria che comportò ad alcune litografie di essere stampate in bianco e nero per risparmiare sui costi. Tale crisi finanziaria, molto probabilmente, compromise anche la pubblicazione di un altro lavoro con Bürger, Geologica Japonica (Tsukahara 2014:56) che rimase in forma manoscritta.

Sfogliando le pagine di Flora Japonica si rimane estasiati nel guardare la diversità delle presenze naturali esaminate attraverso gli unici mezzi che a quel tempo si disponeva: microscopio e occhio, e impressionati dalla curiosità e rispetto con cui il “cacciatore di piante” si accostava all’ambiente. Flora Japonica insieme a Nippon e Fauna Japonica rappresentarono per il contesto Europeo delle preziose fonti da cui attingere conoscenza di un Giappone che in quel momento aveva adottato una politica preventiva di “isolamento”, conosciuta dal 1801 con il nome di sakoku seisaku鎖国政策 (1639 -1854). La collaborazione tra Von Siebold e Keiga dimostra l’incontro di due culture con caratteristiche proprie che interagiscono per creare una comprensione condivisa della materia mettendo in comune competenze, conoscenze, talento, informazioni e risorse. Questo è un esempio lampante di quanto siano fallaci le osservazioni dei vecchi studi mostrando così un Giappone lungimirante nell’applicare un filtro di ciò che riteneva utile d’assimilare per gestire al meglio il nuovo contesto che si stava prefigurando. Passarono esattamente trent’anni per far sì che il bando nei confronti di Von Siebold fosse revocato. Ciò gli permise di accedere in Giappone in veste di diplomatico e perfino sotto questo aspetto risultò essere di supporto nella delicata fase di apertura, avvenuta sotto intimidazione, del Giappone al mondo. Questo avvenimento gli permise di rivedere la sua amata Taki, sua figlia Ine, e il suo caro amico Keiga prima di far ritorno in Olanda.


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