T'al, t'allori e t'alch'um
La dimensione ritualistica delle maschere coreane

Scritto da Jinelle Vitaliano -

Le maschere coreane, sono strettamente correlate alla loro ancestrale dimensione animista-sciamanica. Già dall’etimologia del termine coreano maschera, t’al (탈) che può essere tradotto come malattia o sciagura, si può presagire il carattere rituale e apotropaico.

Durante i kut (굿), rituali purificatori, le mudang (무당), sciamane coreane, figure molto importanti per la società antica, indossavano delle maschere, alle quali veniva attribuito un male o una malattia da debellare. In seguito le maschere venivano bruciate, così da scacciare l’entità maligna. Il loro utilizzo però poteva trovarsi anche nei riti funebri e nelle rappresentazioni teatrali.

Le maschere più conosciute sono quelle di Hahoe, della città di Andong, diffuse a partire dal periodo Koryŏ (918 d.C.-1392 d.C.).

Secondo una leggenda popolare, un giovane uomo chiamato Hŏ Doryŏng, che viveva nel villaggio di Hahoe, ebbe in sogno una rivelazione dalle divinità, secondo la quale doveva creare tredici maschere, senza aver contatti con le persone sino a lavoro compiuto. Così il mattino seguente si dedicò completamente alla realizzazione delle maschere, proibendo a tutti l’accesso alla sua abitazione. Proprio mentre stava terminando di realizzare l’ultima maschera (Imae, lo sciocco), una ragazza, follemente innamorata del maestro Hŏ, desiderò osservare ciò che lui stava realizzando e tramite una fessura creata dalla stessa, sbirciò all’interno. Così facendo aveva violato la regola divina, e a causa di ciò il povero maestro iniziò a sputare sangue, morendo all’istante, lasciando così la sua ultima creazione priva della parte inferiore.

Di questi tredici capolavori, tre (Ch’onggak lo scapolo, Pyŏlch’ae il funzionario governativo di basso rango e Ttokdari il servo) andarono persi. Il ritrovamento della maschera Pyŏlch’ae, in un museo giapponese, avvalora il sospetto che, queste maschere siano state trafugate dal generale giapponese Konishi Yukinaga, durante il periodo delle due spedizioni del Giappone in Corea del 1592-1598.

Le dieci maschere pervenute sono state designate come tesoro nazionale.

Esse sono:

Fonte immagine: 하회탈공방-www.tabang.com

Il suo viso ovale, le sopracciglia, il naso alto e la piccola bocca sono considerati i canoni di bellezza della società convenzionale. Potrebbe essere una vedova o una kisaeng (artiste che intrattenevano gli uomini). Entra in scena come concubina, danza e canta per intrattenere Yangban e Sŏnbi.

Queste maschere venivano utilizzate per le cerimonie religiose, le danze, in coreano t’allori (탈놀이) e il dramma t’alch’um (탈춤) e sono ancora eseguite nei festival nazionali, celebrando la lunga e ricca storia nazionale. Le maschere e le rappresentazioni in maschera erano presenti in Corea già dall’età preistorica.

Esse, offrivano la libertà di esprimere anonimamente le critiche degli artisti sulla società, sui signori locali, membri dell’aristocrazia o la gerarchia monastica buddhista. Alcuni t’alch’um venivano eseguiti attraverso la danza, deridendo anche alcune personalità appartenenti alla classe inferiore: l’ubriacone, la pettegola, il seduttore.

I primi t’alch’um furono eseguiti durante il periodo dei Tre Regni (18 a.C.- 935 d.C.).

Il Regno di Silla (57 a.C.-935 d.C.) annovera la kŏmmu (검무), danza delle spade. Questa danza fu molto popolare durante il periodo Koryŏ e quasi certamente, gli artisti indossavano delle maschere.

Il maestro Hŏ realizzò le maschere Hahoe di Andong, ma altri artisti della penisola coreana, crearono moltissimi capolavori per queste uniche rappresentazioni satiriche.

Odiernamente, gli attori indossano coloratissimi Hanbok (한복), gli abiti tradizionali della Corea del Sud.

Il movimento delle ampie maniche aiuta l’attore ad enfatizzare i suoi movimenti e a renderli più espressivi. Siccome anticamente, questa rappresentazione fu considerata informale e volgare dalla società aristocratica, le maniche lunghe indicavano un dettaglio satirico.

La danza mascherata coreana presenta quattro temi dominanti.

Il primo ironizza sull'avarizia, la stupidità e la corruzione aristocratica.

Il secondo rappresenta un triangolo amoroso tra marito, moglie e concubina.

Il terzo ruota intorno a monaci corrotti e depravati.

Il quarto è la dualistica rappresentazione bene-male che prevede il trionfo delle virtù.

In tutto il territorio coreano, si contano almeno tredici differenti rappresentazioni.

Nella regione del Kyŏngsan, costa orientale che comprende la città di Andong, viene eseguita la famosa rappresentazione “Hahoe Pyŏlshin gut”, combinazione di danze, maschere, drammi e rituali sciamanici. Si compone in 9 differenti atti.

Nella regione del Kyŏnggi, situata a nord-ovest e comprendente la capitale Seoul, vi sono le rappresentazioni del “Yangju pyŏlsandae”, basato su un tipo di dramma mascherato chiamato ponsandaenori, ri-presentato nell'area locale tra il XVIII e la metà del XIX secolo. Si divide in 8 atti. Vi è poi il “Songpa sandae”, dramma mascherato tradizionalmente eseguito nel mercato di Songpa, una delle più ricche città commerciali del periodo moderno della Corea. Viene eseguito principalmente nelle tradizionali festività coreane, tra cui Taeborŭm, primo giorno di luna piena dell'anno, celebrato il quindicesimo giorno del primo mese del calendario lunare, il compleanno di Buddha; Tano, chiamato anche Surit nal (수릿날). Il termine Tano viene tradotto come il primo quinto, poiché corrisponde al quinto giorno del quinto mese del calendario lunare. Anticamente, si riteneva che questo giorno fosse pieno di energia positiva (Yang) e Ch’usŏk, originariamente noto come Hangawi (한가위), è la festa del raccolto in Corea. Festività molto importante, viene celebrata il quindicesimo giorno dell’ottavo mese del calendario lunare. Riconosciuta come festa nazionale in Corea del Nord, rimane una delle festività più celebrate in Corea del Sud.

Nella parte nord-orientale della regione del Kangwŏn sono rappresentati il “Kwanno” e la “Namsadangbae totpoegich’um” .

Ai confini con la Corea del Sud, nella regione del Hwanghae in Corea del Nord, si annoverano la “Pongsan”, “Kangnyong” e la “Ŭnyul”.

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