Dalla necessità alla bellezza
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Una lampada il cui paralume è fatto con carta washi riutilizzata più volte e già scritta, uno shōji riparato con ritagli di carta a forma di fiore, oggetti trasportati con un quadrato di stoffa capace di sostituire qualsiasi borsa, il furoshiki, il manto di un abate o la veste di un monaco fatta di pezzi di tessuto cuciti insieme: cos’hanno in comune? All’origine di questi manufatti c’è il riutilizzo, l’assenza di sprechi, in una parola: mottainai.
Se nella prima parte di questa “indagine” attorno al concetto di mottainai mi ero soffermata sui presupposti di carattere spirituale della parsimonia in Giappone, ora vorrei concentrarmi su quelle che chiamo volentieri le radici pragmatiche di mottainai.
E dove individuarle se non nella vita dura e difficile delle comunità contadine nelle campagne giapponesi?