Approfondimenti - Temi Zen

Di seguito sono visualizzate le anteprime degli approfondimenti di articoli pubblicati su Pagine Zen. In alternativa è possibile consultare l'elenco sintetico di tutti gli approfondimenti pubblicati visitando questa pagina.

Architettura giapponese tradizionale

Scritto da Alessandra Bonecchi -
Architettura giapponese tradizionale

L’architettura giapponese tradizionale è caratterizzata dall’uso di materiali naturali, primi fra tutti il legno. Trattandosi di un materiale che respira, il legno ben si adatta al clima giapponese: assorbe umidità nei mesi piovosi e rilascia umidità nei mesi asciutti. Una struttura in legno può durare fino a 1000 anni, con le dovute cure, e la scelta della composizione ad incastri consente di smontare gli edifici per i periodici lavori di restauro. Altri materiali di uso comune nell’architettura tradizionale sono le canne, la paglia di riso, la corteccia, l’argilla, la pietra.

Il santuario shintoista di Ise, il più importante e sacro, in quanto dedicato alla divinità del sole Amaterasu, si ritiene possa risalire a circa 2000 anni fa e quindi rappresenta uno degli esempi più significativi dei principi fondamentali dell’architettura tradizionale giapponese...

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Shikoku e gli 88 templi (seconda e ultima parte)

Scritto da Luigi Gatti -
Shikoku e gli 88 templi

Diverse sono le leggende relative alla genesi del cammino di Shikoku, la più accreditata ha come protagonista Emon Saburo, un avido commerciante del Novecento che viveva con la moglie e otto figli in una città nel sud dell’isola, l’attuale Matsuyama. Una mattina, un viandante si presentò elemosinando alla porta di Emon il quale, dopo averlo insultato e deriso, lo cacciò malamente.

L’indigente si ripresentò per più giorni, altri sette per l’esattezza, ed ogni mattina Emon gli riservava il medesimo trattamento, divenendo ogni giorno più severo e furioso fino ad aggredirlo con un bastone. Nel tentativo di evitare l’ingiustificata percossa, il mendicante si fece sfuggire dalle mani l’anfora per l’elemosina che cadde al suolo distruggendosi in otto cocci.

Fu l’inizio di un periodo di sciagure che portarono...

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I kokeshi del Tōhoku

Scritto da Maria Teresa Orsi -
I kokeshi del Tōhoku

Qualcuno li chiama i kokeshi, qualcun altro le kokeshi e qualcun altro ancora, tendenzialmente dispettoso, li chiama “birilli”, ma loro accettano serenamente tutti questi appellativi, sapendo bene, pur senza aver mai letto Shakespeare, che «ciò che chiamiamo rosa, anche con un altro nome, conserverebbe sempre il suo profumo». Queste «bambole» di legno, semplici, colorate a mano in una codificata ma pressoché infinita variazione di rappresentazioni formali, costituiscono uno degli esempi più singolari dell’artigianato povero nato nel nord est del Giappone, nella regione conosciuta come Tōhoku. Ancora relativamente ai margini dei circuiti turistici più affollati (se si esclude forse la baia di Matsushima con le sue 200 e più isole coperte di pini), il Tōhoku possiede una sua particolare bellezza, dove i paesaggi fatti di montagne boscose, torrenti e laghetti si incrociano con leggende di folletti e streghe, donne di neve, scimmie dispettose e divinità protettrici dei bachi da seta...

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Leggiadre visioni (seconda parte): Pettini e acconciature giapponesi tra storia e mondanità

Scritto da Rossella Marangoni -
Metropolitan Museum of Art - scuola Kaigetsudo

Dono divino o, nei bambini, sede di un kami protettore della crescita, i capelli, in Giappone, sono stati associati al mondo del sacro sin dall’epoca arcaica. “Gli antichi giapponesi consideravano i capelli come una specie di oggetto religioso, pensavano che i capelli fossero il dono di una divinità. Ciò portò in seguito a sviluppare l'idea che i capelli stessi fossero qualcosa di divino perché erano collegati alla convinzione che possedessero poteri magici. Ne derivò la concezione religiosa che un dio risiedeva nei capelli umani e ciò trasmetteva loro un potere magico. Ad esempio, le persone si bruciavano i capelli per ottenere un buon raccolto credendo che ciò avrebbe allontanato dai campi uccelli e animali dannosi. Queste azioni venivano eseguite sulla base della percezione religiosa dei capelli.” Caricata di una potente simbologia magico-religiosa che si riflette nelle cronache del Kojiki (702 d.C.) e del Nihongi (720 d.C.), la capigliatura ha mantenuto nel corso delle varie epoche della storia giapponese una connotazione molteplice: simbolo dell’energia vitale, elemento imprescindibile di bellezza, potente richiamo erotico. E i modi di acconciare i capelli hanno rappresentato, almeno fino agli inizi del XX secolo, e soprattutto per le donne, un mezzo per trasmettere ...

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Le porcellane Celadon

Scritto da Carla Gaggianesi -
Le porcellane Celadon

Così Omero, nel VII libro dell’Iliade, descrive le verdi acque dell’Arcadia. E’ a questi versi che la leggenda fa risalire l’origine del nome Celadon per quelle verdi porcellane che, quasi da sempre, ma in modo documentato a partire dal 960 d.C., vengono prodotte in Cina.

Se al più grande poeta dell’antichità classica fa riferimento l’origine più colta del nome Celadon, la più suggestiva ci riporta a quaranta pezzi di porcellana verde donati al Sultano di Damasco da quello d’Egitto Saladino, il cui nome attraverso diversi passaggi linguistici diventerebbe l’attuale Celadon. Ma l’argomentazione più certa ci riporta al colore dei nastri del costume del pastore Celadon, personaggio de L’Astrée, un’opera pastorale di Honoré d’Urfé, autore francese di quel XVI secolo in cui comparvero in Europa i primi Celadon.

Se l’origine del nome si può dire incerta, altrettanto non lo è la loro caratteristica principale, il colore: le porcellane Celadon sono verdi, in un’infinita varietà di sfumature evocative della giada che, da sempre, rappresenta nella cultura cinese l’archetipo della preziosità. Quanto il riferimento alla gemma fosse importante è confermato dal ritrovamento di ...

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