Nihon Fūzokue
Mode e luoghi nelle immagini del Giappone Edo-Meiji. Le silografie policrome della collezione Coronini / Cronberg di Gorizia
Scritto da - Nella cornice del palazzo Coronini Cronberg di Gorizia, una casa museo risalente alla fine del Cinquecento che conserva una notevole collezione di opere e oggetti d’arte e alto artigianato di varie tipologie e provenienze, nel maggio 2022 è stata inaugurata la mostra Nihon fūzokue. Mode e luoghi nelle immagini del Giappone Edo-Meiji, che chiude a fine marzo 2023. La mostra è un’occasione unica per conoscere la collezione d’arte giapponese del palazzo, con un focus particolare sulle stampe acquisite e appartenute all’ultimo conte Coronini, inoltrandosi tra le ricche stanze del Palazzo arredate da una moltitudine di opere d’arte che rispecchiano la vivacità culturale di quest’area della Mitteleuropa rappresentata qui dalle relazioni internazionali della famiglia Coronini Cronberg. La casa-museo si articola in quindici sale, tra salotti perfettamente conservati con arredi, mobili, letti e sedute che spaziano dal Cinque–Seicento all’Ottocento, e decorazioni in stile impero, numerosissimi oggetti per la tavola in argento, porcellane, ritratti a olio, cristalli ma anche oggetti di uso quotidiano che lasciano percepire l'atmosfera di un'abitazione realmente vissuta. Tra le fotografie, i cimeli di famiglia, le varie decorazioni in stucco, si ammirano quadri attribuiti a Rubens, dipinti di Alessandro Magnasco, sculture di Thorvaldsen e le impressionanti teste di Messerschmidt. Il palazzo è sede dell’omonima fondazione per volere dell’ultimo conte Guglielmo Coronini Cronberg (1905-1990), morto a Vienna nel 1990, erede di una delle più antiche famiglie nobili di Gorizia, in cui si erano susseguite numerose figure di donne e uomini di cultura, letterati e diplomatici, legati fortemente alla corte degli Asburgo e a tutta la Mitteleuropa fino agli zar di Russia. Guglielmo era figlio del conte Carlo e della contessa Olga Westphalen von Fürstenberg, aveva studiato inizialmente a Firenze e poi a Monaco di Baviera dove si era affacciato alla storia dell’arte, prima di tornare a Firenze per studiare giurisprudenza. I soggiorni all’estero avevano incrementato le sue inclinazioni al collezionismo e la sua passione per l’antiquariato, il suo desiderio di diventare connoisseur animava le sue ricerche, tanto che aveva fatto conoscenza con Georg Richter, Roberto Longhi, Bernard Berenson e molti altri storici dell’arte, entrando in contatto anche con importanti istituzioni museali quali la National Gallery di Washington, il MET di New York e arrivando a curare a Gorizia alcune delle principali mostre del secondo dopoguerra. Il suo incontro con la produzione a stampa giapponese arrivò tardivamente, probabilmente in seguito a un lascito della zia Carmen Coronini Cronberg. Arrivò a collezionare più di trecento stampe che si aggiunsero alla collezione giapponese già presente a palazzo che annoverava alcune opere di arte applicata acquistate dalla famiglia precedentemente, tra cui si nota uno stipetto laccato del Seicento decorato con scene di natura. Nella mostra Nihon fūzokue, curata da Cristina Bragaglia, Rossella Menegazzo e Virginia Sica, è presentata un’ampia selezione di silografie risalenti al periodo Edo (1603-1868) e all’era Meiji (1868-1912), realizzate sia in inchiostro nero sia in policromia, insieme a pagine sciolte di libri illustrati sempre con la tecnica di stampa da matrice in legno.
Alcune silografie fanno parte del grande filone artistico dell’ukiyo-e, “immagini del Mondo Fluttuante”, mentre altre più moderne testimoniano i cambiamenti avvenuti durante il delicato periodo Meiji, di transizione da secoli di potere centralizzato nelle mani della classe samuraica alla restaurazione del potere imperiale, e dalle grandi trasformazioni conseguenti all’assorbimento di valori e saperi occidentali. Alcune silografie si riconoscono infatti nel filone delle ‘nuove stampe’ (shin hanga), riconoscibili per i nuovi soggetti legati all’adozione di prodotti tecnologici e scientifici e di modelli urbanistici europei, oltre che alla presenza di figure occidentali e, tecnicamente, all’acquisizione di colori sintetici fino ad allora non utilizzati. Tra le stampe originali che spiccano per qualità e che furono fondamentali per la cultura Edo, si notano quelle legate al teatro kabuki e ai suoi attori (yakushae) ritratti sul palcoscenico, catturati nei loro ruoli e nei momenti più drammatici delle rappresentazioni teatrali, come nelle silografie di Utagawa Kunisada (1786-1864) e di Toyohara Kunichika (1835-1900); spiccano per qualità e numero anche le stampe raffiguranti le beltà femminili (bijinga), cortigiane di alto rango e giovani assistenti, raffigurate in modo tale da far risaltare l’eleganza delle movenze, la preziosità dei tessuti indossati e le elaborate acconciature, come nelle opere di Kikugawa Eizan (1787-1867) e Utagawa Kunisada (Toyokuni III) (1786-1864) ma anche le usanze del tempo e gli intrattenimenti alla moda.
Una sezione è dedicata alle silografie di guerrieri legati alle battaglie che per secoli segnarono il Paese in una contesa continua del potere e del controllo sulla famiglia imperiale oltre che agli eroi di storie e leggende di origine cinese che si battevano per proteggere gli oppressi: appartengono a questo genere le silografie ispirate al Suikoden del XVI secolo (Storie in riva all’acqua), come quelle di Totoya Hokkei (1780-1850), allievo di Hokusai. Numerose, nella collezione, anche le immagini di luoghi famosi (meishoe) sia di Katsushika Hokusai (1760–1849), di cui figurano le stampe della serie delle Cinquantatré stazioni di posta del Tōkaidō, sia di Utagawa Hiroshige (1797-1858) di cui figurano stampe dell’omonima serie, della serie Luoghi celebri di Edo e Luoghi celebri della Capitale Orientale. Queste silografie policrome, realizzate tra gli anni trenta e sessanta dell’Ottocento dai maestri delle decine di scuole di pittura specializzate in questo genere, segnano l’apice della produzione ukiyo-e e offrono perlopiù soggetti e temi apprezzati dalle classi cittadine. Mentre con l’era Meiji la produzione artistica iniziò a rispondere alle nuove esigenze di una società in cambiamento. Il governo giapponese era giunto a patti con le forze internazionali per portare il paese al pari dello sviluppo economico delle altre potenze, impegnandosi in un significativo processo di avanzamento industriale, di adozione di tecnologie avanzate, di un rapido cambiamento delle strutture istituzionali e politiche mutuate dall’estero, affermando contemporaneamente i valori dell’identità nazionale anche attraverso il sistema educativo. In questo senso, le silografie policrome di epoca Meiji presenti in mostra riflettono in maniera evidente i cambiamenti di questo periodo anche registrando gli eventi storici importanti. Fanno la loro comparsa immagini con figure in abiti occidentali, novità tecnologiche come nella silografia di Kobayashi Kyochika (1847-1915) del 1877 che illustra La prima illuminazione a gas in Giappone all'Esposizione Industriale davanti a un pubblico di visitatori vario, in cui si percepisce la forte impronta stilistica nuova, più vicina alle tecniche e alle strutture compositive occidentali per il tentativo di realismo, attraverso l’uso della prospettiva, di giochi di luce e ombre nella descrizione dei primi edifici in muratura e dell’oscurità serale,
ma anche gli eventi in campo militare strategico come ad esempio nella stampa di Watanabe Nobukazu (1874-1944) intitolata La flotta cinese al largo delle isole di Kaiyōjima. Tre navi affondate, una nave spazzata via in fiamme del 1894 dove sono visibili le caratteristiche delle nuove navi da guerra mentre si racconta della vittoria giapponese della guerra contro la Cina del 1894-95. Una produzione artistica questa di tarda era Meiji sempre più indirizzata all’informazione e all’attualità, quando non alla propaganda, che accompagnò alla nascita delle pagine dei primi quotidiani proprio in quegli anni allontanandosi dalla produzione artistica destinata al collezionismo.