Pagine Zen 127

maggio / agosto 2022
Endo Genkan. Chanoyu hyōrin (vol. 2). Ed. Izumiya Yamaguchi Mohē, Kyoto 1697. Particolare.
Sommario
  • Chabana Il cuore dei fiori per la cerimonia del tè
  • Fenice 鳳
  • La poesia senza tempo di Li Quingzhao 李清照
  • Il chōken del Museo d’Arte Orientale di Venezia
  • L'illuminazione esiste solo nella dimensione dell'illusione
  • Alla moda di Edo L’abbigliamento maschile nel Giappone di periodo Tokugawa
  • I mostri del notturno giapponese
  • La sublime delicatezza della pittura coreana
  • Lo Shintō, la donna, la miko.
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La sublime delicatezza della pittura coreana

Scritto da Jinelle Vitaliano -
La sublime delicatezza della pittura coreana
Nel corso dei secoli gli artisti coreani hanno prodotto un corpus di opere che, nonostante condividessero tratti comuni con i Paesi confinanti, possedevano caratteristiche uniche, che espressero una visione unica del mondo. I dipinti di genere del periodo Chosŏn (1392-1910) documentarono le pratiche quotidiane e i costumi dell'epoca. Inoltre vennero raffigurati leggendari paesaggi, ricchi di piante e animali indigeni, rivelando una forte connessione con la natura circostante. Vivere in un paesaggio costituito da cime acuminate, profonde valli e ampi fiumi, plasmò il popolo coreano, che trattò la natura con profonda riverenza. Questo rispetto per la natura è evidente nei dipinti coreani, la cui estetica è espressa da linee delicate, forme sinuose e colori naturali. I dipinti mostrano una naturalezza che emoziona lo spettatore con la sua umiltà e una bellezza riscontrabile sia nell'interezza dell'opera che nei dettagli. Come per la pittura occidentale, anche la pittura tradizionale coreana annovera molte forme e generi. I dipinti paesaggistici, conosciuti con il nome di Sansuhwa (산수화) “dipinti dei monti e delle acque”, presentavano inizialmente paesaggi idealizzati, in seguito scenari panoramici del territorio coreano.
La pittura di genere, ritraeva la quotidianità dei nobili e del popolo vissuti durante il periodo Chosŏn. A differenza dei dipinti di paesaggio, che tendavano ad essere sobri e monocromatici, queste opere vennero...
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T'al, t'allori e t'alch'um

Scritto da Jinelle Vitaliano -
T'al, t'allori e t'alch'um

Le maschere coreane, sono strettamente correlate alla loro ancestrale dimensione animista-sciamanica. Già dall’etimologia del termine coreano maschera, t’al (탈) che può essere tradotto come malattia o sciagura, si può presagire il carattere rituale e apotropaico.

Durante i kut (굿), rituali purificatori, le mudang (무당), sciamane coreane, figure molto importanti per la società antica, indossavano delle maschere, alle quali veniva attribuito un male o una malattia da debellare. In seguito le maschere venivano bruciate, così da scacciare l’entità maligna. Il loro utilizzo però poteva trovarsi anche nei riti funebri e nelle rappresentazioni teatrali.

Le maschere più conosciute sono...

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Pagine Zen 126

gennaio / aprile 2022
Rielaborazione da: Yōshū (Hashimoto) Chikanobu (1838–1912), “Nihon shinnō onna sannomiya (La Terza Principessa e Kashiwagi, dal cap. 34 del Genji monogatari)”, xilografia formato trittico, particolare, 1890, MET New York, OA , pubblico dominio.
Sommario
  • Una raffinata eleganza L’abbigliamento maschile di corte nel Giappone di epoca Heian
  • Tansei Kimei 天晴地明 Se il cielo è sereno, la terra è illuminata
  • Miyamoto Musashi Il lato spirituale del combattimento
  • Meisho d'oltremare Vedute del Lago Occidentale
  • Attraversando la letteratura Song
  • T'al, T'allori e T'alch'um La dimensione ritualistica delle maschere coreane
  • Il gioco del Go La sua diffusione
  • Fantasmi e guerrieri Giustizia e vendetta nell’immaginario giapponese
  • Il Tè Dalla Cina: storia, leggenda, estetica (seconda e ultima parte)
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